“Ravenna può esibire avvenimenti e situazioni uniche e irripetibili,
tali da far schiattare di meraviglia ogni abitante di questo mondo”.
(Dario Fo, La vera storia di Ravenna, 1999)
Tra il 1998 e il 1999, sull’onda di una collaborazione di successo tra DARIO FO e l’Accademia di Belle Arti, in cui l’artista aveva collaborato direttamente con gli studenti di Ravenna per la realizzazione di briose tende da mare variopinte, alla maniera di una volta, scocca l’amore e anche il neo Premio Nobel cede al fascino di Ravenna.
Ad attrarre il grande protagonista del teatro italiano è, ancora una volta, la quantità di materiale grezzo (ricchezza di storie, personaggi e leggende) che costituisce la fama di Ravenna.
Così vi si getta famelico e istrionico per − come dice lui stesso − “riscriverne la storia” meno ufficiale: uno spaccato locale tra i tesori e l’anima industriale tra chimica e porto, un racconto avventuroso e appassionato dalle origini etrusche all’inizio del Medioevo, attraverso i secoli in cui si intrecciano trionfi militari, imprevedibili tradimenti, lussuria, crudeltà, leggende e miti.
Così Fo racconta il suo lavoro di rielaborazione:
“Tirate a secco quelle storie, le ho ben sbattute in soluzione di lisciva e ve le vado a riproporre, cercando di divertire il lettore e magari anche di scandalizzarlo fino a una salutare indignazione, proprio a partire dal titolo. In questo mondo di sonno collettivo da rintronati, un sussulto con fremito ogni tanto non ci sta male!”