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Dante Alighieri

Via Dante Alighieri, 9 - Ravenna

DANTE ALIGHIERI (Firenze, 1265 – Ravenna, 1231) ci racconta il Paradiso con negli occhi lo straordinario patrimonio di monumenti ravennati del V e VI secolo, ai suoi tempi ancora più numerosi, con i mosaici che ricoprivano pavimenti e pareti intere delle basiliche.

Ravenna, città rifugio del suo esilio dal 1218 al 1231, è stata l’ineguagliabile laboratorio artistico, storico e letterario in cui sono nati i versi della Cantica del Paradiso, dunque, ma che ha ispirato anche molte altre splendide immagini della Commedia (buona parte del Purgatorio e alcuni canti dell’Inferno), grazie alla rielaborazione della tanta bellezza che il Poeta ha avuto sotto gli occhi mentre era ospite del signore di Ravenna Guido Novello Da Polenta.

Quel che fé poi ch’elli uscì di Ravenna
e saltò Rubicon, fu di tal volo,
che nol seguiteria lingua né penna
.

(Paradiso, Canto VI vv. 61 – 63)
[Giustiniano sintetizza il volo dell’aquila che, partita da Ravenna, con volo rapido dette inizio all’era imperiale]

Anche se non li cita direttamente nella Commedia, Dante dovette essere stato abbagliato dalla luce dei mosaici delle basiliche bizantine. Sono numerosi, infatti, i parallelismi che gli studiosi hanno rilevato all’interno delle cantiche del Purgatorio e del Paradiso che richiamano tale splendore.

Nel VI Canto, per esempio, sembra quasi di vedere i mosaici della Basilica di San Vitale, con il corteo imperiale di Giustiniano, imperatore bizantino del VI secolo, al cospetto dei quali Dante tesse le lodi del monarca perfetto: Giustiniano è la personificazione del volo dell’aquila che, partita da Ravenna, rapida diede inizio all’era imperiale.

Sempre secondo gli studiosi, anche gli “spirti luminosi” che formano due bracci uguali di una croce, al centro della quale campeggia Cristo, rimandano al mosaico del catino absidale di Sant’Apollinare in Classe.

(…) ché con tanto lucore e tanto robbi
m’apparvero splendor dentro a due raggi,
ch’io dissi: «O Eliòs che sì li addobbi!».

Come distinta da minori e maggi
lumi biancheggia tra ‘ poli del mondo
Galassia sì,
che fa dubbiar ben saggi;
(Paradiso Canto XIV, vv. 94 – 99)

Di sicuro, l’intero soggiorno ravennate ha ispirato il Poeta. Sono molti i versi della Divina Commedia in cui troviamo riferimenti a Ravenna, alla sua posizione geopolitica, ai personaggi e alle famiglie più nobili (come i Da Polenta e i Traversari) e a gran parte del territorio circostante.

Celebre, a questo proposito, la descrizione che Dante ci lascia della “divina foresta spessa e viva” del Paradiso terrestre, nel canto XXVIII del Purgatorio, che il Poeta mette in rapporto con “la pineta in su’l lito di Chiassi” (presumibilmente la Pineta di Classe, a pochi chilometri da Ravenna):

Un’aura dolce, sanza mutamento
avere in sé,
mi feria per la fronte
non di più colpo che soave vento;


per cui le fronde, tremolando,
pronte
tutte quante piegavano a la parte
u’ la prim’ombra gitta il santo monte;


non però dal loro esser dritto sparte
tanto,
che li augelletti per le cime
lasciasser d’operare ogne lor arte;


ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,


tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta
in su ‘l lito di Chiassi,
quand’Eolo scilocco fuor discioglie

(Purgatorio, Canto XXVIII, vv. 7 – 21)

FOCUS

La pineta di Classe è il bosco della vita

Resa immortale da Dante, nel ‘300 la Pineta di Classe era una vasta area boschiva che dal Reno arrivava fino a Cervia, correndo lungo la costa dell’Adriatico. Oltre ad averla attraversata più volte durante il suo soggiorno, Dante ne ha fatto una fonte di ispirazione, naturale e mistica, tanto che non manca di citarla nel suo viaggio nel Purgatorio (Canto XXVIII).

La pineta di Classe fu cantata anche da Giovanni Boccaccio (1313-1375) e raffigurata nei pannelli di Sandro Botticelli oggi conservati a Palazzo Pucci di Firenze e al museo del Prado di Madrid e ispirati alla novella di Nastagio degli Onesti del Decamerone.

Quindi la pineta ravennate diventò citazione classica per tutti i letterati che seguirono e teatro naturale dello Sturm und Drang e i Grand Tour romantici, con Lord Byron che vi dedicò versi del Don Giovanni, Oscar Wilde che vi arrivò al galoppo di un cavallo, per inserirla poi nella poesia Ravenna che, nel 1877, gli valse a 23 anni il titolo dell’Oxford Newdigate Prize.

Nemmeno Gabriele D’Annunzio si sottrasse al fascino della pineta di Classe: nel 1903 vi soggiornò con Eleonora Duse, suscitando grande scalpore nella Ravenna del tempo. In seguito, nell’Elettra raccontò della sua esperienza: “Voglio perdermi nella pineta […] voglio perdermi nella pineta e dopo tanti anni rientrare votivamente in quella Ravenna che mi fu la più cara fra le città del silenzio”.

Sarebbe stata appunto una corsa mattutina, nuda, in pineta, a causare l’indisposizione della Duse, di cui D’Annunzio scrive in una lettera.

Henry James invece raffigurerà la pineta come un contrasto di vitalità e movimento, con la maestosa presenza immobile della basilica di Sant’Apollinare in Classe che, subito a sud del bosco, si “spalanca” alla Natura.

Ancora oggi la pineta, luogo di celebri ispirazioni, conserva intatto il suo fascino selvaggio.

A cura della Redazione Locale
E-mail: turismo@comune.ravenna.it

Ultima modifica: 15 Marzo 2023

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