Se oggi le pinete storiche rimaste nel Ravennate sono solo due, in passato la loro superficie era molto più estesa. I documenti storici datano l’origine delle pinete di pino domestico a Ravenna nel XII secolo.
Dai pini venivano estratti anche la resina, il fumo di resina e la pece greca, per produrre l’inchiostro. Il pinolo era il frutto più pregiato della pineta in virtù delle sue proprietà salutistiche: considerato un vero elisir per polmoni, reni e vescica.

Nel XVI e XVII secolo, quando i boschi appartenevano alle abbazie ravennati, il popolo aveva solo il diritto di pascolo, lo sfruttamento economico vero e proprio delle pinete era appannaggio esclusivo dei monaci.
I pinoli romagnoli erano considerati a quei tempi i migliori d’Italia ed erano al centro di un fiorente commercio. A partire dalla soppressione degli ordini religiosi, seguita alla Rivoluzione francese, c’è stata una riduzione della loro superficie.
La torta di pinoli dell’Artusi
Tra le ricette più note a base di questo frutto c’è la torta con i pinoli di cui Pellegrino Artusi svela la ricetta nel suo libro La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene (ricetta n. 582). “Una torta che alcuni pasticceri vendono a ruba – scrive l’Artusi – e che chi non è pratico di queste cose penserà che l’abbia inventata un dottore della Sorbona”.
Nella ricetta i pinoli sono l’ingrediente essenziale che va ad arricchire un impasto a base di semolino, latte, uova, burro e zucchero. Un dessert ideale per un pranzo di primavera che trova un connubio perfetto nei profumi della Romagna.
