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Fiori e piante nei mosaici di Ravenna

Le colombe abbeveranti del mausoleo di Galla Placidia, Ravenna

La città di Ravenna, città principe nei secoli d’oro della Tarda Antichità, conserva mirabili testimonianze artistiche e architettoniche all’interno dei suoi otto monumenti Unesco.

Al loro interno è possibile ammirare brani di storia sacra, desunti dall’Antico e Nuovo Testamento, di storia politica legata alle loro vicende costruttive, che hanno come sfondo un paesaggio naturalistico ricco e variopinto.

Si possono così distinguere immagini di fiori e piante, il macrocosmo floreale che abbraccia quello umano-divino, realizzati con una tale profusione di colori e sfumature proprie dell’arte del mosaico.

Gli artisti di età cristiana hanno rappresentato la natura non come semplice complemento dell’immagine ma per esprimere profondi concetti cristologici.

Partendo dal Mausoleo di Galla Placidia, la pregevole cappella della Chiesa di Santa Croce, troviamo margherite e anemoni intessuti su un fondo blu indaco.

La margherita, pianta composita tipica degli ambienti arborei, ha un fusto corto con foglie larghe disposte alla sommità; il fiore cresce a capolino con peduncolo all’interno giallo e all’esterno bianco dove avviene l’impollinazione.

Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna
Mausoleo di Galla Placidia, Ravenna | Foto © RavennaTourism

Gli Anemoni

Per via delle sue foglie ricche di sali minerali, per i romani questa pianta assolveva una funzione cicatrizzante per le ferite; da qui per i cristiani il significato di rinascita. 

Gli anemoni appartengono alla famiglia delle piante erbacce perenni e cospargono i boschi con le loro foglie; i fiori, invece, sono formati da un involucro esterno con petali colorati, resi nei mosaici sotto forma di croce.

Questo fiore, dal latino anemos (“soffio vitale”), indica la caducità della vita terrena, per la sua fragilità legata ai nembi; inoltre, per via del mito classico legato alla morte di Adone (amato da Venere), dal cui sangue sarebbero nati degli anemoni, sono considerati amarissimi e velenosi.

Battistero Neoniano (Ravenna)
Battistero Neoniano (Ravenna) | Foto © Archivio Ravenna Turismo

Il Battistero Neoniano è il più antico e meglio conservato edificio battesimale della cristianità antica. Nella fascia decorativa della cupola è rappresentata la processione degli apostoli, separati da elaborati candelabri composti da cardi, una pianta erbacea spontanea dalle foglie spinose legata alla passione di Cristo.

Si tratta di una pianta molto resistente che se strappata ricresce, simbolo quindi di eternità. Nella varietà mediterranea si ha il cardo mariano: secondo la leggenda, Maria nel suo viaggio in Egitto si fermò in un campo di cardi per allattare Gesù e qui perse il suo latte, da qui la funzione taumaturgica confermata dalla medicina moderna.

I gigli bianchi e i cisti rossi

Nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo, in cui si fondono differenti correnti artistiche e confessioni religiose, compaiono nella rappresentazione figurativa gigli bianchi e cisti rossi, presenti tra l’altro anche nel giardino paradisiaco dell’abside della Basilica di San Vitale.

I gigli sono appartenenti alla famiglia delle liliacee, tipici delle zone sabbiose-dunose. Nei mosaici sono rappresentati la varietà del Pancratium maritimum, dal cui fusto crescono più fiori, a multipli di tre. La tradizione cristiana lo collega al giovane Pancrazio, che ai tempi di Diocleziano subì il martirio a Roma mentre si riuniva con i propri seguaci: fu condannato, decapitato e il suo corpo violentato. Da qui il fiore viene associato alla purezza violata del ragazzo.

Re Magi Sant'Apollinare Nuovo Ravenna
Gigli bianchi e cisti rossi tra i Re Magi nella Basilica di Sant’Apollinare Nuovo Ravenna | Foto © B. Pini

I cisti rossi sono arbusti ramificati tipici della macchia mediterranea, diffusi negli ambienti dunosi e sabbiosi. Hanno fiori dai petali di colore rosso a unghia gialla. In oriente se ne traevano incensi per produrre un profumo molto simile a quello dell’ambra. Dal punto di vista iconografico, rappresentano il sangue sparso dai martiri in età cristiana.

Olivi, pini domestici, ginepri, lecci e palme

Accanto alle piante con fiori, nei mosaici ravennati sono documentati gli alberi del bosco sacro e scomparso della Basilica di Sant’Apollinare in Classe. Nel catino absidale alle spalle di Apollinare, primo vescovo della città, sono rappresentati olivi, pini domestici, ginepri, lecci e palme.

Gli olivi – dal fusto contorto con foglie lanceolate, chioma sempreverde e rada – sono alberi millenari del mondo mediterraneo, resistenti alla violenza degli agenti atmosferici e degli uomini. Per la loro vitalità inesauribile, elemento di congiunzione fra terra e cielo, sono simbolo di pace.

S.Apollinare in Classe
Mosaici abside | Foto © Nicola Strocchi, Archivio Comune di Ravenna

Il pino domestico è una pianta sempreverde con fusto eretto dalla chioma espansa ad ombrello. Ha una corteccia fessurata e le foglie sono aghiformi, non pungenti, con frutti dai semi commestibili.

Cresce negli ambienti litoranei. Non è un caso quindi che lo si ritrovi nell’antichissima pineta ravennate, piantato dai romani che lo usavano in campo edile e navale, ma anche come combustibile.

La resina stessa è usata per fare la cera, o seccata come produrre pece nera. Il suo frutto per la sua ricrescita è simbolo della fecondità della parola di Dio, mentre la pianta per sua ricchezza inesauribile è legata all’eternità della vita.

Il ginepro è un arbusto spontaneo, sempreverde della pineta ravennate. Ha forma ovale e acuminata con foglie aghiformi di colore verde e striate, e fiori portati su piante separate. Le bacche blu possono essere macerate per ottenere liquori e bevande a scopo terapeutico, ma anche per la sete e l’alito pestilenziale. Si attribuisce a questa pianta lo stesso valore di eternità.

Il leccio ha la chioma densa con foglie persistenti di colore verde scuro. Vive nei terreni calcarei della zona mediterranea. All’interno della Bibbia è visto come albero sacro, simbolo dell’autorità religiosa.

La palma dal dattero, tipica degli ambienti aridi dell’area mediterranea, ha tronco slanciato con foglie pennate e quasi coriacee, e infiorescenze a grappolo. La chioma può raggiungere i dieci metri.

Nella tradizione cristiana, è considerata la ricompensa per coloro che si sono prodigati per gli altri, i giusti, e quindi associata ai martiri che hanno offerto la loro vita per promuovere la parola di Cristo.

Nella Basilica di San Vitale, protagonista arboreo della storia di Abramo è il noce, sotto cui riposano i tre angeli venuti ad annunciare la maternità di Sara.

Il noce è un albero coltivato dall’uomo fin dall’Antichità, di notevoli dimensioni e grande longevità, per questo considerato il re degli alberi da frutto. Il suo significato è legato alla Trinità, poiché riunisce in sé tre elementi: mallo, guscio e gheriglio, ovvero il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo.

Questi esemplari di piante e fiori immortalati nei preziosi mosaici di Ravenna sono tessere di un’ecosistema in simbiosi con l’uomo del passato, a cui l’uomo moderno deve ritornare come sua parte integrante.

Manuela  Guerra

Manuela Guerra

Laureata in Archeologia, sono una guida turistica regionale con un forte amore verso l'Arte in tutte le sue forme, creazione unica dello spirito e la natura nella sua varietà.

A cura della Redazione Locale
E-mail: turismo@comune.ravenna.it

Data pubblicazione: 18 Maggio 2019
Data revisione: 24 Gennaio 2023

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